Viaggiare in camper è sinonimo di libertà.

Ho viaggiato in molti modi nel corso della mia vita e adesso, a 41 anni, muovermi a bordo del mio Vostok è come quando ero poco più che adolescente e uno zaino in spalla apriva davanti a me le strade del mondo.

Spesso un cenno dell’animo, un sussulto di nuvole, un segno inaspettato diventa occasione di fuga, di movimento, di spostamento e quando giri la chiave nel cruscotto e ingrani la marcia, hai l’impressione che i chilometri che percorrerai saranno forieri di scoperte, di sorprese, di incontri inaspettati.

Giovedì, mattina, ricevo un invito dall’Abruzzo.

Venerdì, ore 15.

Il rombo del Vostok echeggia improvvisamente nelle orecchie.

Ingrano la prima e sono pronto a perdermi sulle strade di una terra che riserva sorprese ad ogni piè sospinto.

Sulle strade dell’Abruzzo ho passato quasi tre giorni tra la continua meraviglia e lo stupore inatteso.

Come molti sapranno, io viaggio senza GPS, allora ho lasciato che fossero le mappe a guidarmi.

I nomi dei luoghi, la memoria dei posti conosciuti ma mai esplorati.

La prima sorpresa è stata Vasto.

Maestosa, elegante e semplice al tempo stesso.

Per arrivare nel centro di Vasto ci si inerpica per strade che lentamente ti portano verso la meraviglia.

Ogni sbuffo del motore corrisponde ad una piacevole scoperta.

Da pugliese devo ammettere che Vasto è uno di quei luoghi dove ci passi ogni volta che inizi un viaggio verso nord ma dove può accadere per una vita non ti ci fermi mai.

L’eleganza di Piazza Rossetti, con la maestosità del castello Caldoresco è il migliore dei biglietti da visita. Il centro storico, dedalo ricamato di vicoli e stradine, con la semplice bellezza della Cattedrale di San Giuseppe, palazzo d’Avalos (sede del museo archeologico, della pinacoteca e del museo del costume) insieme ad un meraviglioso belvedere fanno il resto.

Procedendo lungo la costa il Dio del Viaggio, nume a me tanto caro, sempre generoso nei confronti di chi ama perdersi, mi ha regalato l’incontro con l’Abbazia di San Giovanni in Venere, a Fossacesia.

Un salto nel passato.

Qui tutto parla di Cistercensi, dalla facciata al chiostro, nonostante le origini pagane del nome possano sembrare tradirne l’identità.

A Venere era dedicato un antico tempio romano edificato un secolo prima della nascita di Cristo.

Altri fanno risalire il nome alla fonte di Venere, una sorgente d’acqua considerata miracolosa per le donne che non riuscivano ad avere figli.

Ma io sono un uomo che si innamora di quello che parla della sapienza antiche: è stata l’ascesa alla cripta che mi ha regalato l’emozione più grande vissuta nell’abbazia .

Gli affreschi duecenteschi sono un’emozione di colore.

Dalla costa in poco più di mezz’ora il Vostok mi ha condotto all’ombra del castello di Roccascalegna.

L’impressione che si ha arrivando in questo paesino, bandiera arancione del Touring Club, è quella di un enorme nido inviolabile.

Verso le ore del tramonto questa fortezza che sa di medioevo e di assedi, avvolge con la sua ombra le strade del borgo.

Maestoso e inviolabile, il castello di Roccascalegna, eretto dai Longobardi e custodito successivamente da Franchi, Normanni e Aragonesi, è la classica rocca che si immagina quando si pensa a come potesse essere il medioevo da queste parti: aspro e misterioso.

Ma la parte meridionale dell’Abruzzo, per gli appassionati di storia, parla anche della storia più recente: sul Sangro, infatti, passava la linea Gustav, fronte strategico per le truppe germaniche.

A testimonianza di questa storia non troppo lontana, il cimitero del Commonwealth di Torino di Sangro e quello canadese di Ortona.

Più di quattromila tra inglesi, canadesi, australiani, indiani, neozelandesi, sudafricani sepolti nei due sacrari, a oltre 70 anni dalla fine della seconda guerra mondiale, con le loro lapidi bianche e ordinate, silenziose come sentinelle, si ergono a memoria della sanguinosa battaglia combattuta nella valle del Sangro.

L’abbraccio dell’addio, in Abruzzo, l’abbraccio più caldo, avvolgente, mediterraneo te lo danno i trabocchi, giganti di legno sospesi tra terra e mare, slanciati verso l’infinito, eppur ben fermi al loro posto lungo quel pezzo di costa che da Ortona scende verso sud, verso il Molise.

Generalmente sono un amante della libera ma in questo week end mi sono coccolato con la sosta in due campeggi trovati grazie ad Abruzzo Camping.

La prima sosta, venerdì sera, al Camping Santo Stefano, a Casalbordino.

Un luogo molto famigliare, anche per me, che amo viaggiare da solo.

Ho passato la serata a chiacchierare con Ivan, rampollo della famiglia Coppa, che ormai tre generazioni fa bonificò le paludi in una zona costiera di Casalbordino trasformandole in un campeggio confortevole, silenzioso, adatto alle famiglie.

Una serata passata a parlare di progetti futuri e di radici nel passato perchè ormai anche gestire un campeggio è fare impresa, essere al passo con il turismo all’aria aperta 2.0, ai tavoli del ristorante del campeggio che sicuramente rappresenta il fiore all’occhiello della struttura.

Non molto abituato ai campeggi, ero rimasto alle tristi pizzerie da campeggio che ti servono quei tre o quattro tipi di pizze cotte nel forno elettrico.

Niente di più sbagliato.

La scelta della famiglia Coppa di puntare su una ristorazione di qualità, insieme al tocco estroso della chef Antonella Canci, hanno rimosso ricordi di pizze croccanti come cracker e di antipasti a base di fette di prosciutto anemico e olive rinsecchite.

Altro approdo di questo viaggio il campeggio I ripari di Giobbe, a Ortona.

Un luogo magico: il campeggio si trova sul costone di una montagna, ne è parte integrante, con la sua pineta, i suoi declivi, a volte dolci a volte meno, fino ad arrivare sulla spiaggia, in un’insenatura chiusa da entrambi i lati.

Non per nulla I ripari di Giobbe prende il nome dalla riserva naturale nella quale si trova.

Anche qui il ristorante è degno della migliore delle menzioni, con i suoi menù di pesce fresco da gustare direttamente in riva al mare.

Un Abruzzo con risvolti decisamente sorprendenti, dunque, che quasi ti fa desiderare, una volta tornato a casa, di tornare alla notte prima della partenza, quando non sapevi che i doni della tua immaginazione sarebbero stati ben presto rimpiazzati da scoperte ben più piacevoli e sorprendenti.

 

La redazione di Vostok100k

Scrivi

La tua email non sarà pubblicata